venerdì 4 maggio 2012

MESTIERI DI UNA VOLTA

'U PURPARU
Il venditore di polpo

'U purparu iniziò la sua attività di ambulante, per poi esercitare il suo mestiere in un lugo fisso della città, effettuando però la sua vendita sempre all'aperto, protetto talvolta da un'effimera tettoia.
'U purparu ambulante, quasi sempre scalzo e con i pantaloni arrotolati sui polpacci delle gambe, circolava per le vie della città con una pentola di terracotta contennte alcuni polpi bolliti nell'acqua ancora calda.

Portava in un paniere alcuni piatti, delle forchettine, una manciata di sale, un uncino di ferro per pescare dalla pentola i polpi e un tagliente coltello per tagliarli.
Così a voce alta vannìava: "C'è 'u purparu! Accattativi 'u purpu! Quantu è cauru e tenniru!"
'U purparu era poverissimo per il fatto che poche le persone disposte a spendere venti centesimi per una piccola porzione di polpo, pensando di poter utilizzare la stessa somma per un chilo di pane.
In verità i tempi erano "stritti" per cui il popolo era costretto a rinunciare ai piccoli capricci di gola, per spendere i pochi soldi di cui disponeva per l'acquisto di beni di prima necessità.

MESTIERI DI UNA VOLTA

MESTIERI 'I 'NA VOTA


- 'U STAGNATARU -

(lo stagnino)



Ccò carrettu o ccà bicicletta, 'u stagnataru jeva Sarausa Sarausa, firmannusi pirchì chiamato dalle donne per riparare sartanie (padelle), tegami, pentole e pentolini, stoviglie di ogni t...ipo di metallo.

Oltre forgia per arroventare il pezzo da saldare e alcune lastre di zinco, verghe di stagno, vecchi manici usati da reimpiegare, una bottiglietta con acido muriatico, un pezzo di pece greca, un martello di ferro e un martello di legno, un compasso rudimentale, una piccola incudine, alcuni attrezzi e pezzi di vecchie pentole da riutilizzare.

Procedendo lentamente 'u stagnataru bandiva ad alta voce "C'è 'u stagnataru... 'u stagnataru c'è... aggiustativi 'i pignati!" Alla sua voce uscivano di casa le comari, che gli consegnavano pentole, padelle e pentolini, che con l'uso si erano bucati o avevano perso il manico.

- Mi mittissi 'na pezza ccò! (mi metta una pezza qua) dicevano alcune... - mi mittissi nu manicu cca' (mi metta un manico qua) chiedevano altre.

Col sopraggiunto progresso, nessuno cercò lo stagnataru perchè era più conveniente disfarsi delle vecchie stoviglie e acquistarne delle nuove.

Di conseguenza, 'u stagnataru, scomparve dalla scena, quasi che il destino avesse deciso di porre fine ad un'epoca in cui soltanto con una pezza era possibile nascondere le miserie del mondo.

mercoledì 2 maggio 2012

versi popolari

MUNACHEDDA




Munachedda ca preji appassiunata

arreri a 'ssa finestra cu la grata,

'na fedda 'i luna 'n celu è già addumata

e i stiddi cci 'llargaru 'na frazzata;

'nta l'ortu cc'è na rosa già sbucciata:

va' cogghiccilla a Matri 'Mmacculata



MONACHINA



Monachina che preghi appassionata

dietro quella finestra con la grata,

una fetta di luna è già spuntata,

trina di stelle è stata ricamata;

nell'orto c'è una rosa già sbocciata:

vai e coglila alla Madre Immacolata

'U SANASTRU





Per la festa di San Sebastiano di Melilli, le persone che da Carlentini, non erano andate alla festa, andavano incontro ai devoti che avevano fatto il percorso a piedi per voto, aspettandoli in varie contrade di campagna.


La più nota è la contrada "A biviratura o Re" dove c'è una fontana con acqua fresca.


Quando s'incontravano le persone provenienti da Melilli, facili da individuare, perchè portavano nastri rossi e tamburelli, si diceva: "Sanastru cummari? sanastru cumpari?" - siete sanato dal male che avevate? - e gli si offriva acqua, vino e cose da mangiare.


Una tradizione questa, quasi del tutto scomparsa.